Il bonus 110% è stato istituito con il decreto legge n. 34/2020: con la sua conversione nella legge 77/2020 era stata dettata una norma ad hoc con la quale veniva modificata la maggioranza richiesta in assemblea condominiale per approvare degli interventi agevolabili. A seguito della l. 77/2020, quindi, tale quorum è attualmente fissato nella maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
La Legge di Bilancio per il 2021 (legge 30 dicembre 2020, n. 178), in vigore dal 1° gennaio 2020, interviene nuovamente sulle maggioranze in condominio: non per modificare ancora il quorum richiesto per l’approvazione degli interventi agevolabili, ma per mutare le maggioranze in materia di ripartizione della spesa.
Dal 1° gennaio 2021 per “le deliberazioni dell’assemblea del condominio, aventi per oggetto l’imputazione a uno o più condomini dell’intera spesa riferita all’intervento deliberato” il quorum richiesto è costituito dalla maggioranza degli intervenuti che corrisponda ad almeno un terzo del valore dell’edificio, a condizione, però, “che i condomini ai quali sono imputate le spese esprimano parere favorevole”.
L’impatto di questa disposizione non è immediatamente percepibile: cerchiamo di capirlo ricostruendo il quadro normativo.
I condominii sono una realtà complessa e articolata, in cui gli interessi dei condomini sono variegati e spesso sono in contrapposizione gli uni con gli altri. Può accadere che non si formi la maggioranza necessaria per approvare i lavori agevolabili solo perché alcuni condomini sono titolari di seconde case, o di box, e non hanno alcun interesse concreto a conseguire i benefici del bonus 110%: per un titolare di un box o di una seconda casa, oppure per un anziano senza figli, l’elemento preponderante nella valutazione di opportunità è spesso costituito dall’analisi dei soli costi, talvolta molto considerevoli, che derivano da lavori impegnativi come quelli agevolabili al 110%.
E’ infatti bene notare che, nonostante le buone intenzioni del legislatore e talune rappresentazioni spesso non chiarissime fornite in ambito pubblicitario, il conseguimento del bonus 110% non significa necessariamente che al condominio committente non resti in carico una quota di spesa. Peraltro, anche nel caso in cui l’agevolazione riuscisse a coprire integralmente il corrispettivo dell’appalto, i condomini si possono trovare nella condizione di dover anticipare tutte le somme richieste dall’impresa: solo dopo il pagamento, infatti, sorge il diritto alla detrazione o al credito fiscale.
Insomma: non tutti i condomini possono essere interessati a dare il loro voto favorevole in assemblea a lavori di cui, magari, riescono a vedere solo i costi ma non i benefici: ciò può comportare che in assemblea non si sia in grado di raggiungere la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
Per invogliare a deliberare l’appalto avente ad oggetto gli interventi agevolabili, allora, alcuni condomini favorevoli potrebbero decidere di sostenerne integralmente le spese manlevando gli altri condomini non interessati, o riducendo la quota di costi a loro carico: così facendo, infatti, i condomini non interessati potrebbero ottenere il beneficio costituito dai profondi interventi di ristrutturazione e risparmio energetico, senza sostenerne le spese, o sostenendole solo in minima parte. D’altra parte i condomini “paganti” potrebbero giovarsi della detrazione al 110% o della cessione del corrispondente credito.
A questo punto, dunque, perché mai un condomino dovrebbe opporsi al rifacimento delle facciate, con installazione di un cappotto termico, ad esempio, se non pagasse alcunché o se pagasse molto meno di quanto previsto in base alla tabella millesimale?
Peccato, però, che una simile soluzione sia giuridicamente molto ardua da realizzare: il codice civile, infatti, prevede che ogni spesa condominiale debba essere suddivisa in base a criteri millesimali prefissati e che ogni deroga ad essi possa essere approvata solo con il voto favorevole di 1000 millesimi.
Torniamo ad un esempio concreto: immaginiamo che i condomini interessati a far effettuare i lavori e a fruire della detrazione (o del credito di imposta) siano riusciti ad accordarsi con i condomini contrari ai lavori, magari accollandosi una congrua porzione della spesa che, tabelle millesimali alla mano, sarebbe andata a gravare su questi ultimi. Al momento del voto in assemblea, però, il risultato è un voto favorevole di 980 millesimi: i restanti 20 millesimi sono in capo ad un condomino proprietario solo di un box, che non partecipa mai all’assemblea del condominio. E, in effetti, anche questa volta tale condomino non ha partecipato alla votazione.
Il risultato è che l’accordo trovato dai condomini favorevoli, magari con la sapiente mediazione dell’amministratore, è sfociato in un rigetto assembleare perché i millesimi favorevoli sono stati meno di 1000. O se, imprudentemente, l’assemblea ha reputato che 980 millesimi possano essere sufficienti per l’approvazione, la conseguenza è una pericolosissima delibera nulla.
Così ricostruito il quadro generale, si può ora comprendere meglio la disposizione in oggetto.
La norma dettata dalla l. 178/2020 consente che le deroghe ai criteri legali di ripartizione delle spese, come nel caso di cui all’esempio, possano essere approvate con la maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio, non più con mille millesimi, sempreché ci sia il consenso dei condomini cui la spesa viene attribuita.
Stessa maggioranza, dunque, sia per approvare gli interventi agevolabili sia per approvare il riparto delle relative spese.
E’ una norma decisamente eccentrica nel mondo del diritto condominiale che, se propriamente applicata, potrebbe, in effetti favorire l’approvazione degli interventi agevolati.
Resta il fatto che paiono estremamente rare situazioni come quelle di cui all’esempio, o, in generale, casi in cui la disposizione in oggetto possa avere un reale effetto di incentivo all’approvazione assembleare dei lavori soggetti al bonus 110%.
Il legislatore, piuttosto, non ha inquadrato e non ha affrontato il principale problema che si pone in ambito condominiale in merito all’approvazione degli interventi agevolabili: quando il conseguimento di un miglioramento di due classi energetiche viene perseguito attraverso la creazione di un cappotto termico esterno, lo spessore dei muri aumenta di 10-15 cm. Ciò significa ridurre in misura corrispondente la profondità dei balconi e dei terrazzi occupando, dunque, porzioni di proprietà di singoli condomini: basta che un condomino neghi il suo consenso a occupare una porzione del proprio terrazzo e il cappotto termico rischia di non essere fattibile, o, comunque, di non condurre a un aumento di due classi energetiche.
Specialmente negli edifici meno recenti i balconi non sono particolarmente profondi e ridurne la profondità di 10-15 cm può significare comprometterne l’effettiva fruibilità: si tratta di un problema che, a diritto vigente, resta non superabile.
Avv. Silvio Boccalatte.